“Dialogo sull’ebraismo attraverso due libri”… un incontro a distanza, che sembrava in presenza, tra due studiosi, due amici, due saggi. La videoconferenza si è tenuta giovedì 18 gennaio 2024. Ne hanno discusso Anna Foa, Emilio Jona, Bruna Laudi con la moderazione di Nicoletta Fasano. L’incontro è stato organizzato da Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di San Damiano, Museo Arti e Mestieri di un Tempo e Comune di Cisterna con Fra Spa, Israt, Gruppo Studi Ebraici di Torino, Casa della Memoria della Resistenza e della Deportazione di Vinchio, Associazione
“Franco Casetta”, Gazzetta d’Asti, Libreria "Il Pellicano" e Aimc di Asti. L’incontro è stato organizzato insieme al Gruppo di Studi Ebraici di Torino ed è stata proprio Bruna Laudi, presidente del Gruppo di Studi Ebraici di Torino. Il GSE approfondisce temi legati sia alla cultura ebraica che alla politica, con particolare riguardo alla valorizzazione delle minoranze. È interessato alla diffusione e allo sviluppo di iniziative mirate alla pace in Medio Oriente. Pubblica un bimestrale che si può leggere sul sito www.hakeillah.com. Come l’ha definito la Laudi, si tratta di un gruppo sessantottino, nato per far conoscere una voce diversa in una comunità paludata con un’ ondata di idee incredibile che ha lasciato il segno anche all’esterno. Un apporto concreto per l’organizzazione della comunità grazie a nomi illustri, uno dei quali è Emilio Jona. Oggi parlare di ebraismo e Israele è un tema molto doloroso.
Nicoletta Fasano, storica, ricercatrice, direttrice dell’Israt, ha poi presentato gli altri relatori sottolineando che, dopo gli incontri del 2023 per la presentazione dei saggi “Gli ebrei in Italia. I primi 2000 anni” (Laterza, 2022) di Anna Foa ed “Essere altrove. Scritti sull’ ebraismo” (Neri Pozza, 2022) di Emilio Jona, era nata negli autori l’esigenza di un dialogo sull’ebraismo per conoscere, riflettere e comprendere. Uno scambio culturale bello e importante.
Anna Foa ha insegnato Storia moderna all’Università di Roma La Sapienza. Si è occupata di storia della cultura nella prima età moderna, di storia della mentalità, di storia degli ebrei. Tra le sue pubblicazioni: Ateismo e magia; Giordano Bruno; Eretici. Storie di streghe, ebrei e convertiti; Andare per ghetti e giudecche; Cicerone o il Regno della parola (con V. Pavoncello); Andare per i luoghi di confino. Per Laterza è autrice, tra l’altro, di: Ebrei in Europa. Dalla Peste Nera all’emancipazione XIV-XIX secolo; Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento; Portico d’Ottavia 13. Una casa del ghetto nel lungo inverno del ’43; La famiglia F.
Emilio Jona è avvocato, scrittore, poeta, librettista, studioso di cultura popolare. È stato uno degli iniziatori del gruppo “Cantacronache”. I suoi libri di etnomusicologia più recenti sono "Senti le rane che cantano. Canzoni e vissuti popolari della risaia", “Al rombo del cannon. I canti popolari nella Grande Guerra” entrambe scritti con Franco Castelli e Alberto Lovatto. Tra i libri di poesia “La cattura dello splendore" e "Il non più possibile fruscio degli anni”. Tra i romanzi "Un posticino morale", "Il celeste scolaro" e "Il fregio della vita". “Essere altrove. Scritti sull’ebraismo” è il suo ultimo saggio.
Si è partiti dalle considerazioni di Jona sul libro della prof.ssa Foa, definito come saggio essenziale per conoscere l’ebreo italiano di cui si sa poco e si evince già dallo stereotipo della sovrarappresentazione degli ebrei in Italia e nel mondo, cosa avvenuta spesso nella storia
“Ci riallacciamo alla storia precedente – ha risposto la Foa - e al suo immaginario partendo dall'inizio del cristianesimo. Infatti, la comunità ebraica era l’unica collettività alla quale era concesso di vivere all’interno di quella cristiana. Quindi questo ‘essere’ era l’unico altro di una società monolitica, carica di immaginario oltre a quello sul suo rapporto con il denaro. Tutto ciò determina un’immagine degli ebrei diversa da quella esistente portando a ritenerla una forza per potenza e numero. In realtà, in Italia, sono sempre stati molto pochi gli ebrei perché è mancata l’immigrazione da est. Il mondo ebraico italiano, però, è particolare. Il rapporto con la Chiesa è stato importantissimo perché, in realtà, ha avuto un ruolo culturale e religioso rispetto al cattolicesimo. Quindi il mondo ebraico italiano è un mondo molto specifico ma con caratteristiche di unicità. Questi tratti sono presenti sia nell’ ‘800 che nel ‘900 e, con l’emancipazione, si rompe la subordinazione ebraica portando, ancora una volta, alla sovrastima perché gli ebrei vivono nel mondo urbano e, essendo più colti, occupano gli spazi della cultura. Per questo sembrano tantissimi”.
Tante domande che si intersecano. Dopo il 70 d.C., con la distruzione del tempio, gli ebrei vengono portati a Roma. Poi ci sono altri fenomeni che si collegano all’ebraismo come il Rinascimento e anche per il rapporto della cultura italiana con il mondo dell’esoterismo ebraico. Un altro aspetto, che non è italiano ma crea l’ebreo moderno, è il marranesimo.
“Il momento diasporale – ha sottolineato Anna Foa – non è solo legato con la distruzione del tempio perché gli ebrei si spostavano come tutti gli altri popoli e lo avevano già fatto molto prima in una diaspora volontaria. Però, quelli presenti nell’impero, non parteciparono alle guerre in Palestina e si attivarono per il riscatto dei prigionieri. Il Rinascimento è un momento di apertura e grande è il fascino per le rispettive culture ma questo non cambia le condizioni degli ebrei. Il mondo ebraico si apre all’esterno anche con la scoperta dei grandi classici, della stampa e, con l’avvento dell’editoria, è necessario disporre di personale colto per la preparazione dei testi. Adesso il mondo ebraico viene studiato ma gli uomini di cultura ebrei continuano a vivere con limitazioni. Il fenomeno del marranesimo, portato da spagnoli e portoghesi, è visto come una novità. Gli ebrei convertiti, altrove, vengono perseguitati dall’Inquisizione ma in Italia no. La Chiesa si trova di fronte alla necessità di alzare un muro tra gli ebrei e i cristiani in quel momento. Il marranesimo cambia il mondo e si interseca con l’epoca dei ghetti che non elimina rapporto culturale che non finisce mai”.
La Chiesa, infatti, non pratica l’uccisione e l’esclusione ma – come ha precisato Jona – regola la presenza ebraica. Per questo motivo le Leggi Razziste del ‘38 dicevano di ispirarsi a tutto ciò. Infatti i fascisti, per evitare le proteste della chiesa, dissero che queste leggi erano le stesse utilizzate nei secoli. Comunque in Italia non sarà obbligatorio il segno distintivo. Un altro stereotipo è relativo alla ricchezza degli ebrei. In realtà, gli ebrei dell’est erano spesso poveri.
In Italia – come ha ricordato la Foa – gli ebrei parteciparono a tutto ma non ebbero un ruolo economico. L’antisemitismo politico, alla fine dell’ ‘800, in Italia è quasi assente (in fondo gli ebrei avevano combattuto con i Savoia contro la Chiesa). Avevano raggiunto posizioni di rilievo e facevano parte dell’esercito...
Per quanto riguarda la condizione della donna, come ha detto Jona, c’erano forti somiglianze ma anche differenze tra la cultura ebraica e quella cristiana. Per l’ebraismo, la donna poteva divorziare, risposarsi, non finire in un convento…
“Io che guardo i momenti depressivi della nostra cultura – ha detto Jona - ho trovato degli elementi che contrastano con la subalternità della donna all’uomo fin dalle origini. Nella Genesi è scritto che Dio creò l’uomo e la donna e l’ebraismo non mette in discussione la pari dignità. In ambito familiare, le figure principali erano quelle delle donne. Non discutono il rito ma hanno una lingua, l’ yiddish, che in origine era la lingua delle donne. Inoltre, ci sono tante figure leader come Rachele che rappresenta la femminilità di Dio. Il serpente, per esempio, parla a Eva perché è sveglia mentre Adamo dorme”.
La prof.ssa Foa ha però sottolineato che anche il primo cristianesimo ha dovuto molto al grande slancio delle donne ma, successivamente, scompare questo aspetto sia nell’ebraismo che nel cristianesimo portando alla misoginia.
I due autori si sono definiti diasporici, laici e in assolutamente in assonanza.
“Conosco quasi tutti i libri che hai scelto nel tuo saggio – ha detto Anna Foa – e li ho amati molto. Ho trovato libri dimenticati e fondamentali per me. Ma cos’è per te l’identità?”
Per Jona l’identità ebraica è duale, contraddittoria, con due letture contrastanti della Torah. Da un lato la lettura particolare mentre dall’altro è straordinaria con miti, fiabe, assurdità. Sono diversi ma presenti tutti e due nell’ebraismo del ‘700. Per i primi, se sposti la struttura, cade l’universo. Per i secondi, il testo sacro è metaforico, simbolico, creato dall’uomo da straordinari gruppi di intellettuali con un canone che pervade tutto il resto. Steiner concepisce l’identità ebraica come guardiana del senso dell'alienazione e dell'estraneità. Per Levi, essere ebrei è impossibile e obbligatorio.
Grande spazio è stata poi data alla lettura del conflitto. Jona ha analizzato la situazione dal ‘67.
“Sei come un equilibrista sul filo. Io dico che c’è una via stretta tra le due parti e, per salvare qualcuno, dobbiamo percorrerla” ha detto Anna Foa.
“La situazione è più grave di allora ma non è una novità: Hamas c’era già e aveva come scopo la distruzione di Israele. Negli anni ‘30 c’era già stato un rifiuto totale di dialogo. In passato ho scritto dell’odio che Israele suscita e lo comprendo ma viene da lontano, va oltre Israele ed è stato nutrito dai testi del passato. Ho pure il timore che la tecnica del kamikaze sia vincente. Ho paura che Israele, con la sua risposta dura, si sia messa da sola nei guai. La sua politica è stata scellerata anche perché ha sguarnito il fronte di Gaza per difendere i coloni nella loro aggressività nei confronti dei palestinesi. Impossibile che i servizi segreti non sapessero. Oggi Israele, a mio avviso, è perdente però poteva fare altro? Dobbiamo cambiare i paradigmi del presente. Sono convinto del razzismo della classe politica al potere nel Paese e sono pessimista per la presenza di milioni di arabi armati su molti fronti ed l’esigua popolazione israeliana. Non dimentichiamo gli israeliani palestinesi che, spesso, non hanno diritti ma pensiamo anche alla volontà di rivendicare dei territori dopo 3000 anni. Purtroppo oggi l’antisemitismo è in crescita in tutto il mondo. Quello che avviene oggi, dopo 3 mesi di guerra che ha portato all’uccisione di circa 22 mila persone, la rabbia nei confronti del Paese, l’accettazione di fondo dei crimini di Hamas, la demenzialità della sinistra, le femministe che tacciono gli stupri delle donne ebree… Per questo mi rendo conto che, o si arriva alla soluzione utopica di stupire i terroristi con lanci di cibo e materiali oppure Israele è destinato a cadere nelle guerra civile. Mi sono sempre sentito più cittadino del mondo che ebreo ma questo dramma mi ha avvicinato in modo drammatico, tanto che certe notti non dormo. Anna, come te, dico che dobbiamo essere inclusivi e usare la ragione ma vedo il grande rischio della disgregazione dello Stato. Molti ebrei, da tutte le parti del mondo, sono partiti per combattere e questo è un fatto grave” ha detto Emilio Jona.
“Purtroppo, la sinistra che si scaglia contro Israele, è filo palestinese e non si rende conto del trauma scatenato il 7 ottobre. Ho molti amici in quel Paese e quel che emerge è proprio questo trauma fortissimo e molti, che pure erano contro il governo, oggi non sanno cosa fare. Altri si battono per mantenere i contatti con la Palestina ma è sempre più difficile. I ministri dicono che vogliono espellere i palestinesi da Gaza ma, in realtà, la grande esplosione del conflitto sarà in Cisgiordania con i coloni armati” ha proseguito Anna Foa.
Come hanno detto entrambe i relatori, in questi anni di immani barbarie sulla terra, il mondo si è rivoltato solo nei confronti di Israele e la diaspora pagherà questa situazione.
“Io mi sento a disposizione – ha detto Jona - per eventuali azioni che possano portare alla pace. Certamente, questa vicenda influirà sull’analisi della Shoah che non è stata solo lo sterminio degli ebrei ma è una concezione del mondo, del suo dominio, del razzismo”.
Come ha sottolineato Anna Foa, però, tutto ciò ha generato un interesse raddoppiato ma, dall’altra parte, bisogna tenere fermo l’attacco contro l’antisemitismo. Con la Giornata della Memoria, non dobbiamo pensare solo all’uccisione degli ebrei ma sottolineare comportamenti contro il razzismo e l’antisemitismo. Se non allarghiamo questa nostra visuale, abbiamo chiuso e gli ebrei, a volte, pensano di essere gli unici a poterne parlare. Invece dovrebbe servire per ricordare le minoranze distrutte prima e dopo.
“Bisognerebbe pensare anche agli uomini della provvidenza come Barghouti. Netanyahu è odiato da tutti e si circonda di razzisti, gente che è stata anche il galera. La situazione è intollerabile. Sono rattristato perché, ovunque, le grandi manifestazioni sono solo ebraiche e non palestinesi” ha detto Jona.
La diaspora europea conta poco, forse un po’ quella americana. Quella italiana, da almeno 30 anni, denuncia questa situazione e oggi Jcall che raggruppa cittadini ebrei di paesi europei e amici di Israele al tempo stesso profondamente legati all’esistenza e alla sicurezza dello stato di Israele e preoccupati per il suo futuro. È terribile pensare che le persone che hanno tentato il dialogo siano state tutte soppresse.
“Soffro – ha detto Bruna Laudi - per questo ma, negli ultimi anni di guerre, dove eravamo? Questo mi mette molta paura. Sono disperata per ciò che sta succedendo, come se mi avessero tolto la mia identità ebraica. C’è un vissuto e un immaginario collettivo che spaventano. Il 7 ottobre ha modificato il sentire ebraico. Angelica Edna Calò Livnè ha sempre lavorato per pace. Vive al confine con il Libano e oggi imbraccia un fucile. Se tu ti sentissi minacciato, cosa faresti? La politica ha giocato sulle spalle degli israeliani e il 7 ottobre ha fatto vedere con orrore, qualcosa di tangibile. Senti cambiare il tuo modo di vivere e pensare. Potrebbe succedere a tutti noi e questo mi terrorizza perché vuol dire non essere più certi di quel che siamo e di quel che potremmo fare”.
Occorrerebbe parlare di chi si è opposto perché, come ha ricordato la prof.ssa Foa, sarebbe importante. Nel mondo ci sono tantissime persone che vogliono la pace e svolgono diverse attività. C’è un mondo che va risollevato.
Inoltre, come ha ricordato il prof. Brunetto Mandelli, in Israele potevano essere curati tutti e un palestinese poteva essere eletto come giudice di una corte suprema ma, certamente, Hamas non è democratico.
“Chi ha la pancia piena ed è in una casa calda può indicare la strada perché altrimenti ci avvinghieremo solo a una disperazione infinita. Bisogna ribaltare il pensiero cercando buone pratiche e cercando persone che utilizzano la ragione, cosa che in guerra si perde” ha ribadito Bruna Laudi.
Giovanna Cravanzola