“Nella tua breve esistenza c’è stato tanto ardore, tanto lavoro, tanta gioia, da farla più ricca e felice di tante altre lunghissime vite: e non c’è stato in essa nulla di laido, imperfetto, malsicuro. È stata tutta luce: parabola breve, dall’intensità luminosissima. E penso che tu non vorresti che ti si piangesse, ma si considerasse la tua vita un capolavoro e un esempio”. Così Ada, la moglie, ne scrive a circa un anno dalla sua scomparsa. Poche parole rispetto a tutto ciò che è riuscire a realizzare
nella sua brevissima vita Piero Gobetti, un ragazzo eccezionale. Sabato 9 marzo 2024 al Castello di Cisterna, se n’è discusso con Bruno Quaranta che ha presentato "Le nevi di Gobetti" (Passigli editore) con Mario Renosio, ricercatore, storico e già presidente Israt. L’incontro è stato organizzato, per il 79° Anniversario della Battaglia di Cisterna e S. Stefano R., dal Polo Citt. per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di S. Damiano, Museo e Comune di Cisterna con Fra Spa, Israt, Ass. “F. Casetta”, Lib. "Il Pellicano" e Aimc di Asti. Bruno Quaranta è stato giornalista a Il Giornale e poi a La Stampa dove per trent’anni è stato critico letterario di Tuttolibri sul quale ancora scrive. Attualmente collabora con La Repubblica. È autore, tra l'altro, di Le nevi di Gobetti (Passigli) e Una citta per Proust (Hacca). È tra i curatori dell’opera omnia di Giovanni Arpino pubblicata da Rusconi. Liberi di credere.Interviste a protagonisti sulle strade di Dio da Enzo Bianchi a Carlo Maria Martini (Interlinea) è il suo ultimo saggio. Il saggio, come ha sottolineato Renosio, ricorda questo giovane liberale la cui figura, purtroppo, non è ancora valorizzata come dovrebbe essere. Il libro è la sua biografia particolare a partire dal viaggio che compie nella “botte di vetro”, la carrozza che lo conduce a Porta Nuova dalla quale partirà per Parigi. È la storia si un viaggio, purtroppo senza ritorno, che va dal 3 febbraio al 15 febbraio 1926. Gobetti, attraversando con malinconia le strade di una Torino sommersa dalla neve e ormai scomparsa, ripercorre tutta la sua esistenza: gli entusiasmi, gli incontri, i ricordi, la famiglia, l’amore, le amicizie, i pestaggi squadristi...
Sono i suoi rapporti con un antifascismo laico e plurale della medio alta borghesia torinese.
Pochi giorni dopo il suo arrivo, morirà con il cuore devastato, una situazione molto probabilmente aggravata proprio dall’ultima imboscata (dodici squadristi contro lui solo, attorniati da una folla indifferente). Per Bruno Quaranta, l’interesse per Gobetti parte da molto lontano, dal 1976 in occasione del 50° anniversario della morte. Si tratta di un libro che mancava perché, a oggi, non è ancora stata realizzata la sua biografia. Guglielmo Alberti lo aveva definito il “resistente n° 1”. In effetti, prima ancora che tutto avesse inizio, Gobetti aveva individuato i rischi del fascismo prevedendo la sua durata ventennale e considerandolo la biografia di una nazione. Non solo, dai 18 anni, fondò tre riviste – cui collaborarono illustri uomini di cultura – e una casa editrice. Per questo e per moltissimi altri motivi, Piero Gobetti è una figura di intellettuale a tutto tondo, ancora oggi capace di parlare a noi che abitiamo il presente. Piero Gobetti fu tra i primi grandi avversari di Mussolini e del mussolinismo. Nell'arco della sua breve vita fondò tre riviste (tra cui La Rivoluzione Liberale) e una casa editrice, dove esordì anche Eugenio Montale con "Ossi di seppia". Molti sono i carteggi che stanno ancora venendo alla luce. Il saggio ripercorre gli ultimi giorni di vita del prodigioso e indimenticabile intellettuale, scomparso esule a Parigi nel 1926, neanche venticinquenne. Era partito da Torino, la sua città, il 3 febbraio. Morirà nella capitale francese neanche due settimane dopo. Il libro di Quaranta, dedicato al suo viaggio finale, è l'occasione per disegnarne la biografia intellettuale attraverso le figure che gli furono accanto come maestri e amici: da Luigi Einaudi a Carlo Levi, da Felice Casorati a Francesco Ruffini, da Natalino Sapegno a Luigi Salvatorelli, da Antonio Gramsci a Gaetano Salvemini. Fu tra i primi ad avversare Mussolini dicendo che non era nulla di nuovo nè una malattia su un corpo sano. Il fascismo, per Gobetti, era il corollario dei mali del nostro Paese. Considerava il Risorgimento, invece, il soliloquio di Cavour: non un movimento di popolo ma elitario. Mussolini si rende subito conto che Gobetti è uno dei suoi più grandi oppositori e invita il prefetto di Torino a rendergli la vita difficile e ci riuscì. Non fu mai marxista ma si avvicinò alla lotta operaia interessandosi alla formazione della classe dirigente e cercò di instaurare una collaborazione con l’ “aristocrazia” proletaria.
Quando parte per Parigi, lascia a Torino una giovane moglie e un figlio piccolissimo, con la speranza di trovare presto un appartamento per ricongiungersi con la famiglia. Purtroppo non ci riuscirà. La moglie Ada, però, è la sua vera erede ma anche la sua casa editrice che confluisce nell’ Einaudi dove convivono lo spirito gobettiano e quello gramsciano.
Oggi il pensiero di Piero Gobetti è più che mai attuale e, probabilmente, non è ancora stata scritta la sua autobiografia perché la sua vita non è ancora conclusa davvero.
Giovanna Cravanzola