LI HANNO PORTATI VIA

“Un album di famiglia in cui la grafica ha un ruolo per far emergere i documenti, fra questi, le 230 schede di bambini. È un libro sulla ricerca di una speranza” così Nicoletta Fasano ha definito il saggio“16.10.1943. Li hanno portati via" (Fandango Editore) che è stato presentato in videoconferenza il 16 febbraio. Umberto Gentiloni Silveri, che ha curato l’opera insieme a Stefano Palermo, ha dialogato con la ricercatrice dell’ Israt. L’ iniziativa è stata promossa da Polo Cittattiva per l’ Astigiano e l’ Albese – I.C. di S. Damiano d’Asti, Museo Arti e Mestieri di un Tempo e Comune di Cisterna

con Fra Production Spa, Israt, Associazione “Franco Casetta”, Libreria "Il Pellicano" e Aimc di Asti. Umberto Gentiloni Silveri insegna Storia contemporanea presso il Dipartimento di Storia, Antropologia, Religioni, Arte, Spettacolo della Sapienza - Università di Roma. Tra i suoi libri «L’Italia sospesa» (Einaudi, 2009), «Contro scettici e disfattisti. Gli anni di Ciampi» (Laterza, 2013), «Bombardare Auschwitz» (Mondadori, 2015), «Il giorno più lungo della Repubblica» (Mondadori, 2016) nonché, per il Mulino, «L’Italia e la nuova frontiera» (1998), «Bombardare Roma» (con M. Carli, 2007) e l’edizione dei diari di Manlio Brosio (2008-2011). Collabora con «La Repubblica» e «L’Espresso». Nicoletta Fasano è una storica, ricercatrice presso l’Israt. Proseguendo nell’introduzione, ha sottolineato il rigore scientifico ma anche la delicatezza con la quale i curatori hanno lasciato spazio ai volti e ai nomi utilizzando discrezione e rispetto nei confronti delle vite contenute nel libro. Anni di ricerche da parte dei parenti sopravvissuti dei 230 bimbi razziati il 16 ottobre 1943 dal Ghetto di Roma, anni di sgomento in un dolore senza fine.
Oggi sappiamo il tragico destino di questi bambini, il giorno stesso del loro arrivo ad Auschwitz. Per capire questa storia dolorosa è necessario andare a Bad Arolsen un luogo che gli storici conoscono ma che è molto difficile da raggiungere ma ignoto per la maggior parte delle persone. In questo luogo, in Germania, ha sede l’Archivio internazionale di documentazione, informazione e ricerca relativa alle persecuzioni naziste. È l’archivio più grande del mondo. Contiene circa 30 milioni di documenti sul mondo concentrazionario e detentivo nazista relativamente ai prigionieri. Solo dal 2007 sono accessibili agli studiosi.
“Questo luogo venne scelto al termine della guerra come sede neutrale per raccogliere il materiale che di cui la Croce Rossa internazionale veniva in possesso man mano che si liberano i campi liberati. Fino al 2005/06 è stato un luogo sognato. Oggi è un archivio di grande interesse perchè contiene chilometri di scaffali, 17 milioni di percorsi biografici e ha avuto un serio investimento per la digitalizzazione. È situato in una zona difficilmente raggiungibile ed è accessibile, a livello di ricerca, attraverso le domande relative alle biografie. Infatti questo archivio si è costruito a partire dalla ricerca delle persone. È diventato anche centro di promozione storica, contiene l’archivio della Croce Rossa Internazionale e ha permesso, per molto tempo, di tenere aperta la speranza e di cercare tracce. È un segno del passato arrivato fino a noi. Purtroppo, per i bimbi romani, gli esiti sono stati negativi ma in altri casi si è riusciti a riannodare vite che sembravano perse” ha detto il prof. Gentiloni.
Come ha sottolineato Nicoletta Fasano, per uno storico non deve aver significato poco costruire questo saggio che parla anche di vuoti esistenziali – perchè i bimbi non ci sono più – ma anche di notizie e di documentazione.
Il prof. Gentiloni, a questo proposito, ha raccontato di aver pensato molto sull’opportunità di questo lavoro perchè c’era lo scrupolo nei confronti delle famiglie e il desiderio di non violarle.
“Non sapevo se uomini ormai scomparsi avrebbero voluto che si riprendesse tutta questa storia di dolore. Quando poi l’archivio è diventato accessibile a tutti, mi sono ricreduto e ho pensato che fosse giusto. In ogni caso questa è la seconda presentazione dopo l’unica che si è tenuta a Roma. L’ archivio è interessante per ciò che vi si trova ma, ancora di più, per quello che non c’è. È colmo del disperato amore che attraversa le famiglie nella ricerca. Mi era capitato di vedere le foto dei bimbi durante una festa ebraica. Le foto, in fondo, danno la misura del senso del vuoto ma anche della debolezza di quei bambini. Sono il tentativo di colmare questo vuoto e anche le corrispondenze per cercarli sono difficili ed è la burocrazia che colpisce con il suo linguaggio il cuore di queste lettere. È la rappresentazione di una tragedia. I bimbi erano anche piccolissimi. L’ archivo non raccoglie solo informazioni relative alla Shoah ma anche ad altri dispersi, a causa della guerra, per tragedie, migrazioni, confini spostati. Raccoglie la speranza di futuro ma, quasi sempre, queste ricerche non hanno seguito”.
Ma cosa succede il 16 ottobre 1943?
Si tratta di un’operazione grande, pianificata, costruita con l’attenzione di chi sapeva come agire in questi casi. In pochissime ore si organizza un treno e, in quei tristi momenti, nasce anche un bimbo che rimarrà senza nome, almeno sulla carta. Organizzare una retata così grande significa avere connivenze sul il terrritorio e tutto ciò viene fatto in nome del 3° Reicht.
Alcune persone riuscirono a fuggire ma altri furono catturati successivamente, nel corso di altre retate. Aldo Gay, all’epoca un giovane con la passione della boxe e del disegno, riuscì a immortalare su un taccuino quei momenti e raccontò quello che i suoi occhi videro. Una testimonianza unica e preziosa (https://www.repubblica.it/2006/05/gallerie/cronaca/disegni-rastrellamenti/1.html, https://www.centrorsi.it/notizie/Informazioni-e-curiosita-editoriali-librarie/La-razzia-del-quartiere-ebraico-a-Roma-nei-fumetti-di-Aldo-Gay.html)
Come ha sottolineato Nicoletta Fasano, questa data emerge netta in queste pagine e, forse, accanto alla Giornata della Memoria sarebbe un’altra data da ricordare.
Nonostante questo, Gentiloni ha precisato di non appassionarsi alle date perchè, spesso, promuovono una deresponsabilizzazione collettiva.
“Certamente – ha detto – la città di Roma dovrebbe assumere questa data come momento di ricostruzione collettiva e di sguardo su un passato lontano. Però dovrebbe essere di stimolo per guardare quelle pagine in modo attento rispetto a ciò che accade nell’ oggi perchè ci sono ancora troppi sempi di ingiustizie, prevaricazioni”.
Il libro, come lo ha definito Fasano, è un ottimo strumento didattico ed è ciò che speravano gli autori proprio perchè, la cosa peggiore del nazismo è stata quella di ridurre le persone a numeri nel tentativo di cancellarle anche tramite la spersonalizzazione. Il libro racconta percorsi spezzati. Le foto sono una piccola parte e sono quelle di chi li ha cercati attraverso i pochi strumenti a propria disposizione. La documentazione è stato un piccolo e importante segno. Sono foto di bambini normali e la data in copertina lo dimostra. È come se la foto e la data chiudesse una porta. Una data che chiude, toglie la vita e produce morte. Nelle lettere delle famiglie si coglie la dimensione di un tempo lungo di chi cercava ancora un senso nella vita. Importante l’intervento di Andra e Tatiana Bucci che hanno partecipato all’incontro e che rappresentano la continuità con quei bambini che non ci sono più.
“Io mi sento fortunata – hanno detto – rispetto a quei tanti bambini che non ci sono più. Una stella ci ha protetto e ci sentiamo grate e fortunate”.
Un incontro unico e intenso per riflettere e continuare a cercare e ricordare.
Giovanna Cravanzola


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