“Matteotti. L’Italia migliore” (Bollati Boringhieri) è l’ultimo saggio di Federico Fornaro ed è stato presentato sabato 26 ottobre 2024 al Castello di Cisterna d’ Asti. L’autore ha dialogato con lo storico Mario Renosio (Israt). L’ incontro è stato promosso da Polo Cittattiva Astigiano Albese – I.C. S.Damiano, Museo Arti e Mestieri con Comune di Cisterna, Israt, Associazione “F. Casetta”, Lib. "Il Pellicano" e Aimc di Asti. L’iniziativa è stata organizzata in attesa dell’ 80esimo Anniversario della Liberazione, della morte del partigiano Franco Casetta e del centenario della nascita del partigiano Giacomo (Rino) Rossino.
Federico Fornaro è saggista e politico, già presidente dell’Isral. Fra le sue pubblicazioni: Giuseppe Romita. L’autonomia e la battaglia per la Repubblica (1996), Giuseppe Saragat (2003), L’anomalia riformista. Le occasioni perdute della sinistra italiana (2008), Aria di libertà. Storia di un partigiano bambino (2008), Pierina la staffetta dei ribelli (2013), Fuga dalle urne. Astensionismo e partecipazione elettorale in Italia dal 1861 a oggi (2016) e Elettori ed eletti. Maggioritario e proporzionale nella storia d’Italia (2017). Per Bollati Boringhieri ha pubblicato 2 giugno 1946. Storia di un referendum (2021) e Il collasso di una democrazia. L’ascesa al potere di Mussolini (1919-1922) (2022). È stato Senatore della Repubblica e attualmente è membro della Camera dei Deputati.
Per lo storico Mario Renosio, il saggio è la biografia di Matteotti definito da Fornaro come mito dell’antifascismo. Ogni città e quasi tutti i paesi d’ Italia hanno un luogo a lui dedicato ed è nota la vicenda che lo ha portato alla morte ma in pochi conoscono tutto ciò che ha fatto nel corso della sua breve vita. Matteotti ebbe una lunga esperienza di impegno politico sul suo territorio, il Polesine, dove ricoprì diversi ruoli nell’amministrazione. Non negò la possibilità di una rivoluzione socialista ma affermò di operare, in primo luogo, per rispondere alle necessità delle classi subalterne, povere e sfruttate. Il Polesine era una delle zone più povere d’Italia e Matteotti, per aver difeso gli esclusi, venne visto come un traditore dalla sua classe sociale. Infatti proveniva da una famiglia benestante e il suo impegno gli venne rinfacciato prima e fatto pagare poi.
“Il merito di questo lavoro – ha detto Renosio – è aver ricostruito, nel centenario della morte, l’uomo, la sua formazione, ‘intransigenza morale ma anche il suo pacifismo”.
“Il Polesine era una terra di povertà assoluta, il meridione del nord. Il giovane Matteotti vede tutto questo e fa la scelta di stare dalla parte degli ultimi. È un promotore, socialista, sindacalista ed è importante conoscere tutto ciò perché non si può comprendere Matteotti senza comprendere il suo Polesine” ha sottolineato Fornaro.
Di certo, l’attacco mortale non fu l’unico che subì nel corso della sua vita perché spesso fu oggetto di minacce, aggressioni fisiche tanto da costringerlo ad allontanarsi dalla sua terra. Nonostante ciò venne perseguitato comunque anche Padova dove si era stabilito. Tornò nella sua terra soltanto da morto.
La sua fu una scelta di intransigenza politica contro il fascismo avendo subito sulla propria pelle le modalità con le quali si era affermato al potere. Da spettatore diretto comprense prima degli altri cosa stava accadendo e il carattere eversivo del fascismo.
La sua convinzione era che, per migliorare le condizioni dei più poveri, non fosse necessaria la retorica rivoluzionaria del Mussolini socialista ma, al contrario, l’istruzione e l’organizzazione delle masse. Era un uomo di diritti e valori forti, un “riformista intransigente” come lo ha definito Fornaro.
Stava nel socialismo europeo, contrario alla guerra nella convinzione che non esista una guerra patriottica perché il costo di ogni conflitto ricade sulle classi più afflitte.
Non solo, in qualsiasi lotta si impegnasse come politico, lo fece sempre studiando, portando dati e non solo congetture. Si battè per la progressività delle tasse, era convinto della fondamentale importanza del pareggio di bilancio… e passò tutto il 1923 a fare una contronarrazione del fascismo in tutta Europa. Ovviamente questo ebbe delle conseguenze.
Purtroppo, anche dopo la fine della guerra, tutti questi aspetti della sua vita sono stati quasi taciuti, probabilmente per il suo riformismo contrario alla rivoluzione ma la sua figura di martire è conosciuta anche all’estero.
Ma Matteotti è stato anche un uomo innamorato, un marito e un padre premuroso nonostante il poco tempo trascorso con la famiglia a causa delle continue persecuzioni. La moglie, fino alla morte avvenuta nel 1938, venne trattata come una spia.
Una folla partecipò ai funerali di Matteotti che, per volere della moglie Velia Titta, non ebbero luogo a Roma ma a Fratta Polesine anche se, successivamente, la sepoltura venne vilipesa dai fascisti e la famiglia dovette cercare un altro luogo per la tumulazione.
Il centenario della sua morte è servito anche per restituire ciò che appartiene a Matteotti, come uomo e come politico, sottolineando l’attualità del suo pensiero e il rigore con cui si oppose a un regime che, nel ventennio successivo, portò il Paese nel baratro.
Giovanna Cravanzola