Un gradito ritorno quello del prof. Giovanni Tesio che mercoledì 27 gennaio 2021
ha discusso del suo ultimo libro “Nel buco nero di Auschwitz” (Interlinea) con Nicoletta Fasano dell’ Israt. La videoconferenza è stata organizzata dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’ Albese – I.C. di San Damiano e Museo Arti e Mestieri di un Tempo con Fra production Spa, Israt, Associazione "Franco Casetta", Libreria "Il Pellicano" e Aimc di Asti. “Dopo Auschwitz è parso che le parole avessero un limite per raccontare. In realtà, tutta la produzione letteraria dimostra l’esatto contrario. L’antologia del prof. Tesio apre mille suggestioni. Il primo problema da porre, però, è il rapporto tra storia e memoria” ha detto Nicoletta Fasano nell’ introdurre l’autore.
Non c’è una risposta univoca, ha sottolineato Tesio, alla domanda posta. La parola ha il dovere di affrontare l’argomento ma non lo fa interamente. Lo storico deve riflettere e ragionare. Lo scrittore, invece, ha la speranza di raggiungere la parola comprensiva, quella capace di contenere la complessità ma in maniera fortemente sintetica congiungendo tanto il senso quanto l’emozione. Questa è la letteratura. Il linguaggio per lo scrittore è fondamentale mentre per lo storico no. Lo scrittore, invece, tenta ad avvicinarsi alla veridicità veicolandolo attraverso la scelta accurata delle parola.
Rispetto alla narrativa, però, bisogna innanzitutto discernere chi ha vissuto o meno il lager. I secondi cercano di trovare le parole per narrare ciò che non hanno vissuto. Dai testimoni ci si aspetta, invece, che portino in primo luogo la loro esperienza. Il primo tempo dei testimoni è stato quasi glaciale. Primo Levi ha narrato ma, inizialmente, non è stato ascoltato dal grande pubblico. Dal ‘58 in poi, parte quella che è stata denominata era del testimone dove, però, si sono raccontate spesso solo le cose più macabre e, talvolta, con l’ involontaria falsificazione della memoria. Gli storici, però, sono stati indispensabili per creare il momento della riflessività e portare a galla documenti ma anche lacune.
Primo Levi parte da testimone ma, a poco a poco, documenta storicamente e arriva fino a “I sommersi e i salvati” che è un’opera da moralista classico, filosofo ma anche storico. Sa che la memoria può tradire e farti raccontare cose non tue che, però, lo sembrano davvero.
La letteratura compie qualcosa di alto grado simbolico che ci aiuta a raggiungere verità segrete che, spesso, vengono oscurate da cose che ci portano lontano. “Se questo è un uomo” è un’opera di alto livello letterario ed è questo che lasceremo alle future generazioni mantenendo la consapevolezza che era già di Levi e che cioè i veri testimoni dei lager non sono i salvati ma i sommersi.
Giovanna Cravanzola