Giovedì 7 marzo 2024, nella Sala Consiliare di San Damiano d’ Asti, in occasione della Festa della donna, è stato proiettato “Venire al mondo: le levatrici del ‘900”, docufilm di Remo Schellino. L’iniziativa è stata organizzata da Comune e Biblioteca di S. Damiano d’Asti, con Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di San Damiano, Museo Arti e Mestieri e Comune di Cisterna con Fra Production Spa, Israt, Libreria "Il Pellicano" e Aimc di Asti. “Ho avuto la fortuna di incontrare e apprezzare Remo e i suoi lavori che seguono il ciclo vitale dell’uomo. Non sono solo documentari,
grazie alla sua straordinaria sensibilità nella raccolta di storie di vita. Remo, infatti, è uno straordinario raccoglitore di storie” ha sottolineato Nicoletta Fasano in apertura.
Il documentario è il primo di una trilogia e raccoglie cinque testimonianze. “Faccio ciò che faceva Nuto Revelli ma con la macchina da presa. In “Andare all’altro mondo” sono sempre le donne a parlare. Il documentario di stasera è dedicato a mia nonna che faceva la levatrice. Pochi giorni dopo la mia nascita, mi portano all’ospedale dove mia nonna sta morendo e, invece, succede dopo otto anni. Le prime donne intervistate nel documentario, avevano fatto un corso come ostetriche. L’ultima, è stata intervistata quando aveva 99 anni. Aveva imparato perché aveva le mani piccole e, di mestiere, faceva la panettiera. Il forno, in fondo, è la metafora del grembo materno e il pane è simbolo di vita” ha detto il registra.
Dopo la visione molto apprezzata dal pubblico, è intervenuta Tiziana Mo, vicepresidente del Museo Arti e Mestieri di un Tempo di Cisterna che ha parlato della levatrice di Cisterna, la mitica Magna Jeta, al secolo Maria Gallino, una donna che non temeva nulla. Nata nel 1891, si era sposata molto giovane con Nicola Gallino, deceduto nel corso della Prima Guerra Mondiale. A soli 24 anni, era rimasta vedova con tre figlie ma aveva deciso di non risposarsi e di continuare a lavorare in campagna con i suoceri. All’età di 32 anni, decise di iscriversi al corso per ostetriche a Torino, diplomandosi nel 1924. La sua attività, probabilmente, iniziò già nel 1921, quando fa nascere Matilde Berardi. Una vita avventurosa che le fece percorrere chilometri su strade sterrate in qualsiasi periodo dell’anno e in qualsiasi condizione. Magna Jeta arrivava sempre al momento giusto e, anche grazie a una carezza o a una parola buona, riusciva a rendere il parto meno doloroso. Promise alla sorella, sul letto di morte in seguito a un parto difficile, di occuparsi dei suoi figli. Per questo motivo, sposò il cognato e si occupò di Don Matteo Scapino, l’ultimo figlio partorito dalla sorella. “Magna Jeta – ha detto la Mo – fa parte di quell’ anello forte di cui ha parlato Nuto Revelli. Non aveva paura di esporsi anche nei confronti del mondo politico. Nel 1927 diventò ostetrica condotta sul territorio di Cisterna d’Asti e di alcune frazioni ora facenti parte di altri comuni. Venne multata perché, facendo partorire una cugina che abitava a Valgorzano, frazione di S. Damiano d’Asti, sconfinando dal perimetro territoriale di competenza. Allora, scrisse un’accorata lettera al podestà con parole che, ancora oggi, danno voce a una donna che non voleva essere sottomessa a nessuno”. Grazie a un allestimento realizzato grazie al contributo della Fra production spa nel 2006, il Museo Arti e Mestieri di un Tempo ricorda non solo Magna Jeta ma tutte le altre donne forti che hanno costruito, giorno per giorno, il destino dei nostri paesi.
Giovanna Cravanzola