Storia del Museo

Il castello di Cisterna, visto dall’alto, appare come una nave, con la prua che guarda ad est e la poppa ad ovest. I bastioni circondati  dalla Villa, contenuta dalla strada che l’antica toponomastica definiva “fossato”, sorreggono l’edificio affiancato dalla torre. Il complesso fortificato  nel corso dei secoli ha subito alcune trasformazioni, fino ad assumere l’aspetto attuale.

Nel 1912 Emanuele Filiberto, Vittorio Emanuele, Luigi Amedeo  figli della Principessa Maria Vittoria Dal Pozzo della Cisterna (ultima erede della nobile casata e moglie di Amedeo I d’Aosta, secondogenito di Vittorio Emanuele II), donarono il castello al Comune di Cisterna, che lo adibì a scuola e sede del Municipio.

Negli Anni Sessanta l’Amministrazione Comunale decise di costruire un nuovo edificio da destinare a nuova sede sia per gli uffici comunali che per la scuola elementare. Questa scelta determinò il progressivo degrado della struttura.

Alla fine degli  Anni Settanta fu abbattuto l’edificio che costituiva l’allungamento della Torre Porta, situato all’interno del cortile. Erano gli anni successivi a  quelli del boom economico. Gli stessi in cui le soffitte venivano svuotate e gli oggetti del passato venivano gettati per fare spazio a quelli nuovi. Era anche il periodo dei movimenti collettivi;  a Cisterna un gruppo di giovani, capeggiato da Lino (Bartolomeo) Vaudano, supportato da  Michelino Canta e da altre persone del paese, maturò l’idea di salvare l’edificio e, con esso, gli oggetti che rappresentavano la cultura materiale del territorio. Questo gruppo di persone iniziò a sistemare i primi oggetti nei locali della zecca, provvedendo al restauro dello spazio.

Il 4 ottobre 1980, nel piano terreno del castello venne inaugurato il nucleo originario del Museo Arti e Mestieri di un Tempo. Nel corso di questi decenni, sempre con il lavoro dei volontari, tutto l’edificio è stato recuperato ed è diventato la sede di uno dei musei etnografici più importanti del Piemonte. All’interno delle 23 stanze, distribuite sui tre piani del castello, sono illustrate 25 botteghe, attraverso gli oggetti e gli arredi che venivano utilizzati nel passato. Gli attrezzi  sono stati  raccolti, restaurati e sistemati dai volontari nelle stanze del castello.

Grazie a  una convenzione stipulata con il Comune di Cisterna, nel corso di questi  anni, i volontari della Pro Loco prima e dell’Associazione Museo poi (che ha sostituito la Pro Loco nella gestione del Museo nel 1990) si sono preoccupati di reperire i fondi con i biglietti di ingresso al museo, con la realizzazione di feste, cene, iniziative varie, per coprire la percentuale di finanziamento che doveva essere sostenuta ad integrazione dei contributi della Regione Piemonte. Grazie al loro lavoro  sono stati ristrutturati i vari spazi dell’edificio:  i locali della zecca, il portico antistante, le undici  stanze dell’ultimo piano,  le sei stanze espositive del piano nobile, il salone centrale, la sala oscura, la sala rossa, la sala consiliare, la torre – porta (sede degli uffici), la cucina, i due servizi igienici,  la caffetteria,  le scale di accesso al castello, il porticato e la facciata del castello, il terrazzo che copre il serbatoio dell’acqua,  il giardino dei cipressi.

Dopo un periodo di contrasto tra Amministrazione Comunale e Pro-loco, all’inizio del progetto,  il Comune di Cisterna ha stipulato una convenzione per l’utilizzo gratuito dell’immobile per la realizzazione del museo. Il contributo del Comune, sul  recupero dell’edificio, è stato importante: ripristino dei bastioni, del tetto, dell’intonaco esterno, della strada di accesso al castello; realizzazione della controsoffittatura dell’ultimo piano, dell’impianto elettrico e di sicurezza, e, nel 2018, dell’ascensore che dal piano cortile porta all’ultimo piano.

L’azione congiunta di Associazione e Comune, insieme a quella della Regione Piemonte, dello Stato (con l’otto per mille), della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, hanno consentito di salvare un edificio storico e di recuperare gli oggetti della cultura materiale del  mondo contadino.

Nel 1997 la Provincia di Asti, considerata l’importanza che aveva assunto il progetto, ha provveduto a distaccare al Museo del personale assunto con il progetto dei lavori socialmente utili. Questa decisione ha permesso di aprire al pubblico il museo dal martedì al sabato, mantenendo l’orario domenicale a cura dei volontari dell’associazione. La presenza del personale provinciale ha consentito l’attivazione di laboratori didattici per le scuole, l’accoglienza non solo dei gruppi di turisti, ma anche di quelli occasionali che si recavano nella zona situata a cavallo tra Roero e Astigiano. Lo stesso personale, scaduto il termine dei progetti socialmente utili nel 2007,  è stato assunto dall’Associazione Museo grazie al contributo del Comune di Cisterna e della Provincia di Asti, che avevano stipulato un accordo decennale per il sostegno del progetto museale.
Purtroppo il commissariamento della Provincia di Asti del 2012 ha causato la perdita di parte del finanziamento utilizzato per la gestione. A fine 2014, dopo due anni di gestione autonoma con il solo contributo comunale e fondi propri, considerati i costi elevati di funzionamento, i volontari dell’associazione hanno dovuto licenziare il personale.

Dal 1 gennaio 2015 il museo è tornato a funzionare esclusivamente grazie al volontariato. Oltre ai volontari dell’Associazione, che garantiscono la gestione e l’apertura domenicale, al museo hanno avuto un ruolo importante anche  i volontari del Servizio Civile. Avviato nel 2007 in collaborazione con il Comune di Asti, il progetto ha garantito la presenza di giovani che hanno permesso l’apertura settimanale del museo e si è concluso nel gennaio 2020.

L’attività del Museo sul territorio ha portato anche a una positiva rivalutazione della memoria storica e della cultura locale, una prospettiva sostanzialmente diversa  rispetto a quella dominante nei decenni passati, che considerava l’eredità della cultura contadina, legata al nostro territorio, come inadeguata alle esigenze della modernità. Negli Anni Ottanta, periodo in cui è iniziato il progetto del museo, il recupero degli oggetti  era facilitato dal disinteresse delle persone nei confronti dei materiali appartenuti al mondo contadino, che progressivamente era stato abbandonato. Molte soffitte venivano svuotate e gli oggetti venivano gettati. L’azione di salvaguardia dei volontari del museo era vista, spesso, come un’operazione nostalgica e di scarso valore.

Stiamo attraversando una fase storica in cui l’individualismo esasperato della società e la tendenza omologatrice della globalizzazione  rendono sempre più necessario il recupero della dimensione collettiva del passato con i suoi riti e i suoi miti,  e la riscoperta delle radici culturali del nostro presente, per poterci aprire in modo sempre più consapevole al mondo.

 


Stampa   Email