Tipografia
La cultura contadina si trasmette tipicamente per via orale, non è tuttavia estranea alla stampa ed al suo prodotto classico, il libro. Si conoscono il libro delle scuole elementari e, in epoca più recente, alcuni libri di lettura (la Cabala e l’Almanacco) e la letteratura dei vari Gelindo, Genoveffa, Bertoldo, Guerin Meschino o Brigante Musolino; vi sono poi libri di chiesa: messali e breviari. Infatti il primo libro stampato uscito in Piemonte, nel 1470, era costituito proprio da un breviario.
La diffusione della stampa nella nostra regione è antica, capillare e non riguarda soltanto le grandi città. Prima del 1500 operarono tipografie in almeno 15 centri piemontesi, tra cui Caselle, S. Germano, Pinerolo, Carmagnola, Casale, Alba, Savigliano, Acqui e Saluzzo. Nella bottega del tipografo non possono mancare i caratteri mobile ed i torchi che costituiscono gli strumenti della più importante rivoluzione culturale dei secoli passati: la stampa.
Il torchio non ha subito modifiche fino al XVIII sec.: esso consiste in un piano orizzontale fissato ad un’estremità di una vite senza fine, azionata da una barra che scende a comprimere il piano su cui poggia il foglio. Questo piano è solitamente montato su un carrello scorrevole per facilitare l’inchiostratura con il “mazzo” o tampone. Il lavoro dello stampatore consiste nella composizione del testo coi caratteri mobili (in legno o in piombo) e nella loro impressione sul foglio.
La maggior parte degli attrezzi esposti nella bottega appartenevano all’antica tipografia Vinassa di Asti ed alla tipografia delle suore dell’ Oasi di S. Grato di Verzuolo.