Bottaio
Il lavoro del bottaio è specialistico e importante, se si tiene conto di quanto peso abbia la vite nell’economia della nostra zona. Ogni famiglia contadina ha nel vino la fonte primaria di sostentamento e possiede botti e tini, commisurati in numero e capienza, al proprio podere.
Tra i tanti arnesi apparentemente analoghi a quelli del falegname, concorrono a caratterizzare la bottega del bottaio, il cavalletto (crava da botalè) ed il coltello a petto, a due manici.
Seduto sul cavalletto il bottaio lavorava le doghe, dando ad esse la necessaria incurvatura, la giusta rastrematura verso le estremità e l’angolo dei fianchi. Il coltello a due manici si tirava verso il petto asportando dalle doghe sottili strisce di legno. Interessante anche il modano da doghe (scarsétta da doa), un’asticella su un lato della quale era tagliata la sagoma dell’angolo della doga e del suo arco trasversale esterno.
Ad ogni misura della botte corrispondeva un determinato modàno. La sezione della doga si eseguiva convessa all’esterno servendosi del coltello a petto mentre la concavità interna era ottenuta con il píalletto torto, con la lama cioè a profilo convesso. Finito il lavoro la botte veniva «’mbarborà», sciacquata e profumata con erba «carera». Gli oggetti della bottega appartenevano al “botalè” di Canale , signor Maffiodo.