Carradore
Un po’ fabbro e un po’ falegname, ma con una sua specifica identità professionale, il carradore (‘1 saròn) costituisce una componente fissa della piccola borghesia artigiana. Presente in tutti i paesi, può dedicarsi anche saltuariamente al suo mestiere, integrandolo con lavori similari o col mestiere di contadino. Infatti non sempre il lavoro abbonda e tanto più questo vale per la costruzione del carro, di cui non tutte le famiglie dispongono e che, quando posseggono, si tramandano di padre in figlio, inoltre per servirsi di un carro occorrono almeno due bovini, il cui possesso, nei tempi passati e per un’economia come quella cisternese, era indice di benessere.
Oltre alla costruzione del carro nuovo, fatto piuttosto raro, sarà più comune la riparazione, l’aggiustamento, il cambio di una ruota o di un assale. Nella costruzione si usava per lo più legno di acacia o di olmo. Il momento più impegnativo era costituito dall’assemblaggio dei gavelli (garnbot) nel cerchione di metallo.
L’importanza del carro, economica e simbolica, è testimoniata dai disegni a mano libera, apposti in bassorilievo o con vernici colorate. Il carro era «firmato » dal suo autore e lo stesso disegno ne testimoniava la provenienza. La bottega del carradore ripropone, completi e funzionanti, tutti gli strumenti del mestiere, inclusa la forgia, su cui si componevano le parti in metallo. La maggior parte degli attrezzi presenti appartiene al “saròn” di Cisterna Antonio Gallino.