Falegname
Il meis da bòsch (maestro da legno) possedeva un bagaglio di segreti e conoscenze che lo accompagnava in ogni fase, a partire dalla scelta del legname: dal povero pioppo rosso, cipressato, al noce, passando per il pino, il castagno, l’olmo ed il ciliegio. Pur non disdegnando una certa ricerca di stile, l’obiettivo fondamentale era dato dalla robustezza del prodotto, che doveva essere funzionale, pratico, ma soprattutto duraturo.
Per un armadio in dote o in eredità poteva andare in fumo un matrimonio, nascere una lite decennale tra parenti. Il mobilio era raro, essenziale e doveva servire per più di una generazione. Inoltre il falegname accompagnava gli uomini e le donne dalla nascita alla morte, con la costruzione di culle e bare. Nella bottega compare un vero e proprio gioiello della storia dell’artigianato: un tornio completamente in legno, a pedale, del ‘ 700.
Intorno a questo decine di graffe, accette, pialle, seghe, lime, martelli, tenaglie, banconi da lavoro di diversa epoca, morse e trapani. Maestosi, nella famiglia delle seghe, gli «strumpau», usati da due boscaioli per tagliare i tronchi degli alberi e le «trentine» per trasformare i tronchi assi spessi. Rispettando i segreti delle lune e i capricci delle tarme, gli assi restavano per anni a stagionare, sotto il portico o in fondo al cortile, prima che il falegname ci mettesse mano. Gli attrezzi presenti appartenevano a Isidoro Trinchero falegname di Ferrere d’ Asti.